«Vàttene Satana!» Commento al Vangelo del 5 marzo 2017, prima domenica di Quaresima

La liturgia della Parola di questa prima domenica di Quaresima si apre con un inno alla vita: «Dio plasmò l’uomo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente». 
Questa è la più bella notizia di sempre: Dio ha creato l’uomo donandogli la libertà. Quella libertà che, ahimè, non è stata vissuta responsabilmente: «Conobbero di essere nudi». Con una libertà deviata l’uomo si abbruttisce, fa esperienza di quella miseria e fragilità che non gli appartenevano, si sente spogliato della sua stessa dignità. Al contrario, Gesù nella pagina evangelica di Matteo riesce a essere fermo, a non deviare, a vigilare su se stesso, a non lasciarsi spogliare nella sua dignità da voci insensate e fuorvianti. La voce del diavolo che propone a Gesù nel deserto nuove modalità per vivere la sua esistenza, modalità che lo avrebbero spogliato persino della sua divinità, è una voce che ancora oggi riecheggia nella nostra coscienza di essere umani e di cristiani. Sono le cosiddette tentazioni. Cosa sono le tentazioni? Esistono ancora le tentazioni? Si può usare anche oggi il vocabolo tentazione? A volte con la scusa dell’aggiornamento, o in nome di un progresso anche linguistico, non si fa altro anche nella nostra dimensione cristiana che sminuire quelli che sono i pilastri della nostra stessa fede e si tenta di cancellare dal nostro vocabolario termini che sembrano appartenenti ad altre generazioni. Come appunto il termine tentazione. 
Eppure, oggi più che mai, la tentazione è una realtà viva, fervente, coinvolgente. Le tentazioni sperimentate da Gesù nel deserto durante i quaranta giorni della sua permanenza sono l’emblema delle tentazioni di ogni tempo, del nostro tempo. 
Tentazione è conversione a ciò che non è Dio, è lasciar afferrare la propria coscienza e il proprio cuore da idoli effimeri, è lasciare che il cuore si coinvolga in piaceri mondani, che appagano per un solo istante, che generano un passeggero sentimentalismo. Se questa è la tentazione, allora vale oggi parlare anche di conversione. 
Dobbiamo ammetterlo, noi spesso ci convertiamo agli idoli, quali possono essere il denaro, l’arroganza, la superbia, l’egoismo, la furbizia, la calunnia, l’egoismo, lo smartphone, facebook. Queste cose sono quelle che Gesù chiama “mammona”: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). E dice anche: «Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21). Spesso e volentieri il nostro cuore è letteralmente attaccato ad altri dei riponendo la nostra fiducia in ciò che è effimero. La tentazione ammuffisce la nostra fede. Non possiamo allora continuare ad accettare che la muffa contamini ancora il nostro spirito. L’attaccamento a ciò che non è Dio è una vera e propria tentazione oggi che distorce il rapporto con Dio stesso, con gli altri e anche con noi. Questa tentazione fa «leva su tre dominanti che giacciono silenti nel nostro cuore, pronte a scatenarsi alla minima occasione: la dominate dell’eros, quella del possesso e quella dell’affermazione di sé (...). La tentazione è come una spinta che distorce in senso egocentrico le relazioni» (E. Bianchi). 
Nuovi dei ammaliano il nostro cuore oggi e lo rendono prigioniero facendolo entrare in un vortice vizioso da cui si esce con molta difficoltà se non si fa un esercizio spirituale costante e profondo. Dei che non solo ammaliano ma distraggono la nostra stessa fede. Si tratta di vivere «la lotta spirituale, elemento essenziale per edificare una persona matura e solida. Questa lotta è così necessaria che nemmeno Gesù ha potuto evaderla!» (E. Bianchi). Ce lo ricorda la liturgia di questa prima domenica di Quaresima. Gesù vive una vera e propria lotta dell’anima per combattere ogni tentazione e ogni distrazione. 
La conversione presuppone una lotta spirituale, un esercizio dello spirito, un impegno costante. Convertirsi significa non lasciarsi imprigionare e distrarre da ciò che non è Dio. Il tempo quaresimale diventi per noi il tempo per condurre questa lotta dello spirito per orientarci costantemente verso Dio, facendo sempre affidamento sulla Parola di Dio perché «non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». 
Padre Onofrio Antonio Farinola
sacerdote cappuccino

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